In Russia Sergej Kirienko non è un personaggio politico qualunque. Il suo curriculum parla da solo: primo ministro dal marzo all’agosto 1998, sotto la presidenza di Boris Eltsin, nonché ministro dell’Energia dal novembre 1997 al marzo 1998, per poi diventare – lo è ancora adesso – vice capo di gabinetto dell’Amministrazione Presidenziale di Vladimir Putin, ovvero il più importante organo decisionale del Paese.
Kirienko, da navigato ed esperto uomo di potere, ha assunto adesso una carica in più. Che forse non sarà così appariscente come quelle che abbiamo elencato, ma che, soprattutto in questa fase storica, rappresenta un estremo attestato di fiducia da parte di Putin. Già, perché l’ex premier russo è diventato colui che gestisce i rapporti con le Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk . E cioè i due oblast del Donbass che la Russia sta cercando di conquistare per piantare la propria bandiera almeno sul quadrante orientale dell’Ucraina.
Sulla stampa internazionale (e, pare, non solo) è stato soprannominato “il viceré del Donbass” proprio per sottolineare l’importanza del ruolo che sta ricoprendo.
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Il “viceré del Donbass”
Che cosa è chiamato a fare, in sostanza, Kirienko? Semplice a dirsi, complicato a farsi: curare i rapporti con Donetsk e Lugansk e, più in generale, con i territori ucraini conquistati da Mosca.
Come ha sottolineato Repubblica, Vladimir Putin ha rimosso da questo incarico Dmitrij Kozak per affidarlo a Sergej in persona, uno dei massimi responsabili della politica interna del Cremlino. Non siamo di fronte ad un semplice rimpasto, ad una purga o ad una sostituzione a cuor leggero, quanto piuttosto ad una svolta da collegare alla missione militare russa in Ucraina.
La Federazione Russa considera il quadrante est ucraino una sorta di suo prolungamento in odore di annessione ufficiale. Le battaglie sono ancora in corso, sia nel Lugansk, dove la città di Severodonetsk continua a resistere, sia nell’oblast di Donetsk. Ma, secondo alcune indiscrezioni, Putin vorrebbe chiudere la contesa Donbass nel giro di pochi giorni per poi, nel caso, concentrarsi sulla fascia costiera. Dove i russi devono consolidare la difesa di Kherson e Zaporizhia, sciogliere diversi nodi a Mykolaiv e, chissà, procedere ancora verso ovest in direzione Transnistria. Ecco: in tutto questo Kirienko deve gestire al meglio i contatti con Donetsk e Lugansk.
Il peso di Kirienko
Kirienko, fama di liberale, ha iniziato la sua carriera a Nizhnjij Novgorod accanto al fu governatore Boris Nemtsov. Quest’ultimo lo portò con sé a Mosca spingendo per una sua investitura come ministro dell’Energia. Cosa che effettivamente avvenne un anno più tardi, nel 1998, sotto il mandato di Boris Eltsin.
Kirienko, che all’epoca, aveva appena 35 anni, fu costretto a dimettersi nel giro di pochi mesi a causa del default russo. In seguito vincerà un’elezione come deputato e ne perderà un’altra come sindaco di Mosca, salvo poi diventare inviato presidenziale plenipotenziario per il Volga e quindi capo dell’agenzia nucleare Rosatom. Nel 2016 Putin lo chiama al Cremlino, probabilmente ricordandosi che, quando Kirienko era premier, fu proprio quest’ultimo a nominarlo a capo dell’Fsb.
Arriviamo al presente. Negli ultimi anni Kirienko ha spesso agito dietro le quinte, ed è pure riuscito ad archiviare alcune tensioni politiche interne. Ora è da non molto diventato responsabile dell’est Ucraina. A lui toccherà – e sta toccando – il compito di “russificare” i territori conquistati da Mosca. In che modo? Facendo sì che questi territori incoraggino l’insegnamento del russo, utilizzino il rublo, documenti e prefissi telefonici russi.
A Kirienko toccherà anche il compito di piazzare i funzionari russi nelle varie amministrazioni locali del Donbass. Non è da escludere, infatti, che Donetsk, Kherson, Zaporizhia e Lugansk possano fondersi in un nuovo distretto russo. Vedremo che cosa accadrà da qui alle prossime settimane.