Una guerra nella guerra si è consumata in Ucraina all’ombra dei riflettori e a distanza dalla trincea: quella tra ceceni. I ceceni fedeli al padre padrone di Groznyj, Ramzan Kadyrov, sono stati inviati in Ucraina per stanare altri ceceni, quelli che dal 2014 combattono nel Donbas nei battaglioni Dzhokhar Dudayev e Sheikh Mansur, ma anche per effettuare incursioni e missioni ad alto rischio.
I ceceni di Kadyrov, colui che ha pacificato il Caucaso settentrionale ottenendo in cambio una pioggia di rubli e la possibilità di fare della Cecenia una piccola potenza semi-autonoma, hanno un nome eloquente ed autoesplicativo: Kadyroviti (Кадыровцы). Kadyroviti, cioè dei Kadyrov – la dinastia per la quale vivono, combattono e muoiono. E di questa piccola ma temibile armata, che ha giocato un ruolo-chiave all’interno della guerra in Ucraina, è importante scriverne e parlarne al fine della comprensione della Russia di oggi e di domani.
I kadyroviti nascono nel 1994, cioè ai tempi della prima guerra cecena, da un’idea di Akhmat Kadyrov – padre di Ramzan – e come difesa parallela della neonata Repubblica di Ichkeria. I Kadyrov, che già nel preguerra costituivano uno dei clan più potenti del panorama tribalistico ciscaucasico, riuscirono a chiamare a raccolta migliaia di connazionali, in larga parte provenienti dalle campagne e/o con una formazione da guerrigliero, grazie al richiamo esercitato dal loro cognome e, non meno importante, dalla causa dell’indipendenza.
Passati alla storia come i più tenaci tra i separatisti, tanto che per un breve periodo il loro controllo sarebbe passato da Akhmat a Džochar Dudaev – il presidente dell’Ichkeria –, i kadyroviti avrebbero vissuto il loro periodo d’oro nel periodo interguerra, quando, per via della nomea acquisita di guerrieri esperti, leali e devoti alla causa – l’equivalente ciscaucasico dei Viet Cong –, registrarono un picco di popolarità e furono incensati dalla dinastia Kadyrov.
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Allo scoppio della seconda guerra cecena, colta la natura paradigmatica dell’avvenuto cambio ai vertici al Cremlino – Boris Eltsin sostituito da Vladimir Putin –, i Kadyrov avrebbero deciso di supportare l’operazione di polizia decisa da Putin e i kadyroviti, di conseguenza, avrebbero cambiato missione: dalla difesa della Cecenia dai russi al supporto della Russia in Cecenia.
Il cambio di casacca si sarebbe rivelato lungimirante: i Kadyrov, divenuti i referenti ufficiali del Cremlino in Cecenia, sarebbero stati investiti dell’onere-onore di egemonizzare in maniera assolutistica e personalistica la repubblica ciscaucasica, facendo di essa un vero e proprio feudo a guida familiare, ricevendo una pioggia di rubli in cambio della loro fedeltà. E i kadyroviti, per via dell’aiuto dato alle operazioni russe – in particolare nel rastrellamento dei boschi a caccia di jihadisti –, avrebbero ottenuto di sopravvivere, cioè di non essere sciolti, diventando la colonna portante del sistema kadyroviano.
Fra il 2003 e il 2005, complice la campagna di reclutamento perenne, i kadyroviti sarebbero aumentati da 3mila a 7mila. Numeri indicativi del loro status, del fatto che stessero diventando un potere dietro il trono. Un potenziale problema per il fragine ordine costituito. Perciò nel 2005, all’indomani dell’assassinio di Akhmat – avvenuto in circostanze mai del tutto chiarite –, il giovane, ambizioso e diffidente figlio, Ramzan, avrebbe deciso di sciogliere l’armata di famiglia, perseguitandone alcuni membri e inquadrandone altri, i fedelissimi, nel neonato 114esimo Reggimento motorizzato speciale Akhmat Kadyrov.
La trasformazione dei kadyroviti da corpo paramilitare a reggimento motorizzato è avvenuta per controllarli meglio, per dargli una parvenza di istituzionalità, ma la storia ha dimostrato che si è trattato più di un cambiamento di forma che di sostanza. Perché i membri del 114esimo reggimento, de facto, hanno continuato e continuano a funzionare come un’armata nell’armata, come un servizio segreto alle dirette dipendenze di Kadyrov. Come una squadra dedita ad operazioni ad alto rischio sia in Russia sia all’estero.
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I Kadyroviti, con il tempo, hanno guadagnato la fama di pericolosi e irrefrenabili assassini internazionali. Agenti che non conoscono né confini né giurisdizione e che, spesso ma non sempre, vanno a colpo sicuro.
L’elenco delle persone presumibilmente assassinate dai Kadyroviti è esteso. Include ex protagonisti delle due guerre cecene, giornalisti, blogger, influencer e oppositori politici. Include persone residenti nella Federazione, come Movladi Baisarov (2006) e Ruslan Yamadaev (2008), o fuggite all’estero, come Sulim Yamadaev (2009), Umar Israilov (2009), Zelimkhan Khangoshvili (2019) e Imran Aliev (2020) e Mamikhan Umarov (2020).
Gli omicidi di Khangoshvili, Aliev e Umarov, rispettivamente avvenuti a Berlino, Lille e Vienna a breve distanza l’uno dall’altro, e sullo sfondo del tentato assassinio di Tumsó Abdurachmanov – accaduto in Svezia –, hanno contribuito a far luce sul grado di profondità della penetrazione kadyrovita in Europa.
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Si è a lungo vociferato, inoltre, del possibile coinvolgimento dei Kadyroviti nell’uccisione di volti noti del giornalismo e della politica russi, come Anna Politkovskaya, Natalia Estemirova e Boris Nemtsov. Indiscrezioni rispedite al mittente da Kadyrov, ma che hanno fatto presa e continuano a godere di un certo seguito nell’opinione pubblica russa.
Efficaci, spietatamente letali e a costo zero – perché voce nel bilancio di Groznyj, non di Mosca –, i Kadyroviti hanno vissuto un secondo periodo d’oro a partire dagli anni Dieci. Di loro, infatti, si è accorto Putin, che ha cominciato a servirsene per eseguire delle operazioni speciali di tipo militare all’estero.
Primi due banchi di prova delle relazioni tra Cremlino e Kadyroviti sono stati l’Ucraina e la Siria, rispettivamente nel 2014 e nel 2015, cioè nei contesti della guerra nel Donbas e dell’intervento russo in Medio Oriente in chiave anti-Daesh. In entrambi i casi, i Kadyroviti hanno profittato dell’occasione anche per rispondere agli interessi del loro capo, Ramzan, in quanto coinvolti sia nel Donbas sia in Siria nella ricerca di “elementi ceceni” da neutralizzare.
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Nel 2022, allo scoppio della guerra aperta tra Russia e Ucraina, i Kadyroviti, oramai collaudati ed entrati nelle grazie del Cremlino, sono stati dispiegati nel teatro di guerra, dove gli sono state affidate mansioni speciali, tra le quali alla caccia ai ceceni filoucraini, e missioni di primo rilievo, come gli accerchiamenti di siti strategici e i combattimenti più ostici.
A metà tra le carne da macello sacrificabile al posto dei soldati russi e l’élite indispensabile, perché esperta di guerre urbane e utile laddove alcuni reparti a composizione slava hanno volutamente agito poco e male – ritenendo il conflitto una “guerra fratricida” –, i Kadyroviti hanno accresciuto ulteriormente la loro fama durante la guerra e hanno consentito a Kadyrov, per i servigi resi al Cremlino, di essere promosso al grado di tenente generale.
Una cosa è certa: si sentirà parlare ancora a lungo di loro.